I Plebei, crediamo che nella nostra musica sia possibile trovare un po’ di tutto

Così la band descrive il nuovo lavoro: Il titolo è formato da una sola parola composta da due termini: “Semi” e “Sterili”. Il primo termine ha due significati come segue:
SEMI: 1. Semenza, 2. Per metà
Ecco che la parola intera acquista anch’essa due significati che stanno alla base di ciò che l’intero EP vuole comunicare.
Nel primo significato, “Semisterili” indica dei semi che non daranno frutto, una semenza che, sparsa nei campi, non attecchisce affatto. È questo che la musica plebea sembra fare: Seminare una serie di messaggi, sterili all’apparenza, che non sembrano essere recepiti nell’essenza; semi dormienti (messaggi) per campi dormienti (umanità) in una stagione dormiente e sfavorevole (cultura).
Il secondo significato evolve, completa e conclude il primo; implica cioè un cambiamento di stato già presente in potenza. I semi sterili si rivelano così semisterili, sterili solo per metà, vale a dire che cominceranno a dare frutto solo quando i campi saranno pronti ad accoglierli ed accudirli, ma affinché ciò accada, anche la stagione dovrà essere favorevole.
Con questo nuovo lavoro, I Plebei non pretendono affatto che i loro messaggi attecchiscano e fruttifichino nella coscienza collettiva. Semplicemente continuano a svolgere il loro duro lavoro con la certezza e la speranza che prima o poi la cultura torni ad essere amorevole madre ed autorevole educatrice, un vero e proprio cambio di stagione insomma. Solo così l’umanità potrà essere pronta ad accogliere l’altra metà del messaggio, quello affatto sterile, il mezzo seme in grado di fruttificare e di nutrire gran parte dei campi attualmente sterili.

UGZ: Di tutti i brani che avete pubblicato, c’è una traccia a cui tenete particolarmente ?
I Plebei:
Questa è una domanda difficile, sarebbe come chiedere ad una madre a chi, fra le sue creature vuole più bene. Impossibile rispondere. Ciascun brano è diverso, ha una sua storia e un suo messaggio, quindi non può assolutamente essere di più, di meno o simile ad un altro.

UGZ: Vi hanno definiti come band Folk-Blues, in quali brani si possono apprezzare innesti blues ?
I Plebei:
In verità ci hanno definiti o indefiniti in tantissimi altri modi. In realtà noi cerchiamo di stare molto alla larga da generi musicali specifici e da etichette cataloganti, tentiamo invece di attingere per quanto possibile da ciò che già è disponibile, a volte consapevolmente e altre per caso, ma questa noi la chiamiamo “libertà espressiva”. Crediamo che nella nostra musica sia possibile trovare un po’ di tutto o meglio, chiunque può trovare solo ciò che meglio capisce.

UGZ: Siete mai stati presi dallo sconforto a tal punto di voler smettere ?
I Plebei:
Moltissime volte; anche se abbiamo l’orgoglio di essere una Band estremamente longeva (infatti la fondazione plebea risale al 1996). Ad eccezione dello “zoccolo plebeo” formato da tre elementi: Cantante, Fisarmonicista e chitarrista, un po’ a turno gli elementi originali della Band si sono via via succeduti, ma nonostante questo, come una sorta di autoselezione naturale, ciascun nuovo musicista si è sempre ben integrato con la filosofia di base del gruppo. Tante volte lo sconforto ha bussato e bussa alle nostre porte, ma evidentemente il messaggio plebeo che ci unisce fa da collante e ci difende.

UGZ: Artisticamente parlando, rifareste tutto oppure avete dei rimpianti ?
I Plebei:
Avremmo sicuramente voluto avere la maturità di oggi molto prima di adesso, tuttavia è vero che ogni cosa abbisogna della giusta esperienza per poter maturare e questo implica certamente tempo; quindi possiamo dire tranquillamente di non avere particolari rimpianti se non quello di esserci formati nell’epoca sbagliata.

UGZ: Scegliete un musicista di rilievo che avreste voluto nel vostro album
I Plebei:
C’è da capire cosa si intende per “di rilievo”. Conosciamo molti musicisti di rilievo che non si fila nessuno e che farebbero le scarpe a musicistoidi che magari sono anche famosi. Beh, noi Plebei amiamo talmente tanto l’arte musicale che preferiremmo fare un album, per esempio, col figlio del falegname di Via Teulada, piuttosto che con altri. Ma anche in questo caso crediamo che non sarebbe giusto farlo se, perlomeno il musicista di rilievo in questione, non fosse perlomeno in linea col messaggio plebeo.

UGZ: Potrebbe sembrare una domanda banale o magari lo è : Dove sta andando la musica? E dove sta andando la vostra musica?
I Plebei:
Purtroppo non sappiamo dove stia andando la musica in generale né sappiamo che sorte avrà la nostra in particolare, sappiamo solo che è sempre l’ascoltatore a determinarne la direzione e pare che in questa epoca i venti ci soffino contro. Questo però non vuol dire che dobbiamo necessariamente conformarci, significa solo che, come vecchi marinai, la traversata andrà fatta a rilento procedendo a zig zag. Poi, quando i venti torneranno a favorirci il viaggio, forse potremo recuperare il tempo perduto. Chissà.

UGZ: C’è differenza tra ciò che ascoltate e ciò che in realtà suonate ?
I Plebei:
Sì, certo. I gusti e la cultura musicale variano per ciascuno di noi e questo è molto positivo perché crediamo che è proprio nella diversità che si possono trovare spunti di riflessione, novità ed innovazione. I Plebei suonano in libertà e così come gli umori umani variano, allo stesso modo la loro musica appare cangiante. L’importante per noi è suonare ciò che è funzionale ad esprimere concetti e messaggi come semi da spargere in attesa della giusta stagione.

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